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Lateranensi, Patti.

Accordi sottoscritti l'11 febbraio 1929 tra la Santa Sede e lo Stato italiano, con cui venne posto fine al conflitto tra Stato e Chiesa apertosi nel 1870. Essi si compongono di un Trattato, che stabilisce la creazione dello Stato della Città del Vaticano; di un Concordato, che fissa le norme relative alla condizione della religione e della Chiesa in Italia; e di una Convenzione finanziaria, che costituisce l'Allegato IV del Trattato, per effetto della quale lo Stato italiano versò alla Santa Sede la somma di un miliardo di lire in titoli al 5% e di 750 milioni in contanti. Ai P.L. si arrivò quando il dissidio fra Stato e Chiesa, determinato dalla "questione romana", era ormai composto. Pertanto, quando ebbero inizio nel 1926 le trattative, la conciliazione era già nell'aria da vari anni, per quanto non fosse prevista la stipulazione di un Trattato e di un Concordato, nonché di una Convenzione finanziaria, dell'ampiezza di quelli sottoscritti nel 1929. Il Trattato afferma (art. 1) che la religione cattolica è la sola religione dello Stato italiano e che esso (art. 2, 3, 4) riconosce la Santa Sede come ente sovrano di diritto internazionale e le concede piena proprietà e sovranità sul territorio della Città del Vaticano, nonché la piena proprietà e sovranità di molti edifici del culto e di edifici situati in territorio italiano (art. 13, 14, 15, 16), liberandoli da ogni imposizione tributaria. Alcune delle norme contenute nei ventisette articoli di cui si compone il Trattato sono ritenute da vari studiosi e politici in contrasto con la Costituzione repubblicana o, comunque, tali da assoggettare di fatto il potere civile a quello ecclesiastico. I P.L. furono resi esecutivi in Italia con la legge del 27 maggio 1929, n. 810. Ad essi fecero seguito le leggi del 27 maggio 1929, n. 847 e 848: la prima contenente le disposizioni per l'applicazione del Concordato nella parte relativa al matrimonio, con le relative modifiche del Codice civile; la seconda contenente le disposizioni sugli enti ecclesiastici e sulle amministrazioni civili dei patrimoni destinati a fine di culto, col riconoscimento agli effetti civili degli istituti ecclesiastici e degli enti di culto. Seguì poi la legge del 24 giugno 1929 n. 1.159 contenente le disposizioni sull'esercizio dei culti ammessi nello Stato e sul matrimonio celebrato davanti ai ministri dei culti medesimi. Infine la legge del 5 giugno 1930, n. 824, sull'insegnamento religioso negli istituti medi d'istruzione. A completamento dei P.L. fu inoltre stipulato il 2 settembre 1931 un Accordo tra la Santa Sede e il Governo italiano "in ordine all'interpretazione e alla applicazione dell'art. 43 del Concordato". Tale accordo, confermato nel 1938, pose fine al conflitto fra la Santa Sede e il governo fascista insorto dopo la Conciliazione. Con esso venivano esclusi dalla direzione dell'Azione cattolica "coloro che appartennero a partiti avversi al regime" e veniva dichiarato che l'Azione cattolica non doveva occuparsi di politica e che le associazioni ad essa aderenti si sarebbero astenute "dallo svolgimento di qualsiasi attività di tipo atletico e sportivo, limitandosi soltanto a trattenimenti di indole ricreativa ed educativa con finalità religiose". Disposizioni di cui oggi si riconosce ovviamente la non validità, ma che costituendo una integrazione dell'art. 43 del Concordato vennero considerate valide, finché rimase il vigore il Concordato stesso. Il Concordato del 1929 è stato sostituito da un nuovo accordo tra lo Stato italiano e la Santa Sede sottoscritto il 18 febbraio 1984 dall'allora presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Bettino Craxi, e dal segretario di Stato del Vaticano, cardinale Agostino Casaroli. I cambiamenti più importanti, rispetto al Concordato precedente, consistono: nell'affermazione della neutralità dello Stato italiano in materia religiosa, da cui discende che il cattolicesimo non è più religione di Stato e da cui deriva per la Chiesa una maggiore autonomia organizzativa; nell'eliminazione dei privilegi e delle esenzioni fiscali di cui godevano gli enti ecclesiastici; nell'eliminazione della preferenza attribuita dallo Stato italiano al matrimonio contratto secondo il rito cattolico e della assunzione a pari dignità, quindi, degli altri matrimoni religiosi rispetto a quello cattolico; nella riaffermazione, attraverso l'art. 9, del valore dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, con il riconoscimento però, a chiunque, di potersi avvalere dell'esonero da tale materia; per gli esonerati le varie scuole avrebbero dovuto organizzare dei corsi alternativi, ma quest'ultima affermazione ha provocato incertezze di interpretazione, cosicché la Corte di Cassazione è intervenuta a più riprese sull'ora alternativa, senza tuttavia fornire agli operatori scolastici una soluzione definitiva.